Lucevan li occhi suoi più che la stella;

Tutto che questa gente maladetta in vera perfezion già mai non vada, di là più che di qua essere aspetta».

L’acqua era buia assai più che persa;

Tosto che ’l duca e io nel legno fui, segando se ne va l’antica prora de l’acqua più che non suol con altrui.

«Qui son li eresïarche con lor seguaci, d’ogne setta, e molto più che non credi son le tombe carche.

e sé continüando al primo detto, «S’elli han quell’ arte», disse, «male appresa, ciò mi tormenta più che questo letto.

Dintorno al fosso vanno a mille a mille, saettando qual anima si svelle del sangue più che sua colpa sortille».

e sta ’n su quel, più che ’n su l’altro, eretto.

Poi, procedendo di mio sguardo il curro, vidine un’altra come sangue rossa, mostrando un’oca bianca più che burro.

però t’adocchio più che li altri tutti».

«Chi è colui, maestro, che si cruccia guizzando più che li altri suoi consorti», diss’ io, «e cui più roggia fiamma succia?».

Di che ciascun di colpa fu compunto, ma quei più che cagion fu del difetto;

«Più che tu non speri s’appressa un sasso che da la gran cerchia si move e varca tutt’ i vallon feri, salvo che ’n questo è rotto e nol coperchia;

E se non fosse che da quel precinto più che da l’altro era la costa corta, non so di lui, ma io sarei ben vinto.

Allor temett’ io più che mai la morte, e non v’era mestier più che la dotta, s’io non avessi viste le ritorte.

Allor temett’ io più che mai la morte, e non v’era mestier più che la dotta, s’io non avessi viste le ritorte.

Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno».

Ora, se innanzi a me nulla s’aombra, non ti maravigliar più che d’i cieli che l’uno a l’altro raggio non ingombra.

ché ’l poggio sale più che salir non posson li occhi miei».

Tant’ è del seme suo minor la pianta, quanto, più che Beatrice e Margherita, Costanza di marito ancor si vanta.

Dallato m’era solo il mio conforto, e ’l sole er’ alto già più che due ore, e ’l viso m’era a la marina torto.

Era il secondo tinto più che perso, d’una petrina ruvida e arsiccia, crepata per lo lungo e per traverso.

ma quando fummo liberi e aperti sù dove il monte in dietro si rauna, ïo stancato e amendue incerti di nostra via, restammo in su un piano solingo più che strade per diserti.

Allora più che prima li occhi apersi;

Botoli trova poi, venendo giuso, ringhiosi più che non chiede lor possa, e da lor disdegnosa torce il muso.